domenica 6 marzo 2011

Il settarismo ideologico e religioso

E' difficile pensare a qualcosa di più insidioso di una mente settaria. Il settarismo ideologico divide l'uomo dall’uomo, coltivando il seme della prepotenza e della volontà di trasformare il pensiero altrui nel proprio. Dal punto di vista filosofico, la tendenza al settarismo è in netto contrasto con la ricerca della verità e con uno spirito amorevole. Si può essere in disaccordo col pensiero o le credenze di altri, e questi dissensi vanno discussi con la civiltà di chi non si ritiene superiore e infallibile. Il tentativo di cancellare, ridicolizzare o screditare le visioni non condivise, allo scopo di attrarre verso la propria ideologia il maggior numero di persone, è comparabile a un crimine contro la libertà umana.

Purtroppo la tendenza all’emarginazione è innata nell’essere umano; essa nasce dalla paura. Il timore del diverso, dal punto di vista psicologico, sessuale, razziale, religioso o culturale, porta alla creazione di barriere e fomenta il conflitto. Quando tale limite si unisce alla brama di potere, allora la paura per il nuovo – connaturata alle masse – è strumentalizzata da chi detiene il potere sociale o religioso. In questo caso la delazione, la falsa comunicazione, il preconcetto, l’emarginazione, sono gli strumenti utilizzati per limitare lo sviluppo di qualsiasi forma di pensiero che possa mettere a repentaglio la supremazia di chi siede sul trono.

Qualsiasi realtà che vanti qualche secolo di vita è assimilata socialmente come “tradizione”. Questo termine implica erroneamente la sicurezza e la giustezza. Tutto quello che è “giovane”, recente, è mostrato come un pericolo per la tradizione e la tranquillità di un popolo. Ma l’antichità di una concezione non è sufficiente per descriverne la validità; se così fosse, noi vivremmo in un mondo pacifico e armonico.

Spesso una minoranza di pensiero è mostrata come un pericolo per la stabilità del “bene”, ovviamente garantito dal pensiero maggioritario. Tuttavia, soprattutto in termini religiosi, il pensiero della maggioranza è spesso generato da un condizionamento di base, avvenuto nei primi anni di vita. Proprio questa tendenza – sebbene comunemente accettata – è identificabile come settaria e prevaricatrice. Dapprima s’inculca nei giovanissimi una visione univoca della realtà e poi si getta discredito su chiunque osi metterla in dubbio.

Da qualche tempo, in Italia, si parla molto di sette, ma si discute poco sullo spirito settario, che si trova abbondantemente al di fuori dei piccoli gruppi, sia collettivamente che individualmente. La mentalità settaria, infatti, è certamente alla base della creazione di una setta (espressa nella sua accezione popolare e negativa, e non secondo il suo significato originale), ma si presenta anche alla radice della nostra società.

Purtroppo questo argomento è affrontato spesso in maniera qualunquista, o evitato per la sua complessità e per un’interessata ossequiosità nei confronti dei poteri istituzionalizzati (dato che affrontarlo implicherebbe la messa in discussione di una buona parte delle nostre convinzioni e convenzioni). Questa tendenza è riscontrabile in tutto il mondo.

La prima convinzione che possiamo coraggiosamente discutere è la nostra rappresentazione del mondo: un’immagine poco convincente, fondata sull’idea di un’accreditata superiorità intellettuale, morale e sociale, che è ancora tutta da comprovare sul campo (e che ad ogni messa alla prova, scricchiola paurosamente).

Naturalmente, il problema non si pone solo per l'Occidente. La religione, si sa, ha influenzato profondamente le vite umane, portando nel quotidiano tutta una serie di luoghi comuni e regole morali, rispetto alle quali esiste un’abitudine talmente radicata, da impedirne un esame obbiettivo.

Proprio le religioni, che dovrebbero essere le custodi di una morale elevata, sono state storicamente le prime portatrici di un pensiero settario e prevaricatore. Se mille persone formano una congregazione che vive secondo regole differenti da quelle ordinarie (pur nella legalità) e le famiglie di questa congregazione insegnano ai loro figli i principi etici e religiosi in cui credono, immediatamente si evoca il pericolo, l’esaltazione, il settarismo e l’indottrinamento di minori.

Purtroppo, non ci si rende conto che questi comportamenti sono esattamente quelli a cui siamo stati sottoposti sin dalla nascita. Tale genere di “programmazione” è la sorte riservata ad ogni bambino, in ogni luogo del mondo. Nessuno ha atteso che fossimo adulti, per lasciarci scegliere se professare una fede e quale; se vivere secondo i dettami della morale cristiana, musulmana, ebraica, buddhista o induista. Secondo il luogo di nascita, l’indottrinamento accade senza alcuna possibilità di scelta, esattamente con la tipica metodologia settaria e prevaricatrice, normalmente attribuita a realtà minoritarie.

In tutto il mondo, un bambino è condizionato alla morale e alla religione del luogo in cui è nato, senza alcuna possibilità di scelta. Le “religioni di stato” difendono la loro posizione in modo settario, attaccando tutte le minoranze che esprimono un pensiero che potrebbe indebolire la loro posizione d’autorità e potere sociale.

È questa un’espressione d’amore? Garantisce una libera ricerca della verità? È una morale superiore che porta l’essere umano verso l’uguaglianza di diritti e l’ascolto del proprio cuore e della propria coscienza? Per rispondere di no basta poco, o… forse, molto: quel “molto” che equivale al coraggio di credere in Dio in modo consapevole, e di credere nella libertà di pensiero e di sentimento.
Dal punto di vista laico, ogni essere umano deve avere la garanzia di poter scegliere la propria vita. Ciò che conta è rispettare quelle leggi che permettono la convivenza civile e onesta, in seno ad una società. Una cultura avanzata e civile deve permettere che ogni donna e ogni uomo che la rappresentano siano liberi di comprendere la vita materiale e spirituale secondo la loro sensibilità.

Sotto il profilo religioso, nel rispetto del significato più profondo di questo termine, ognuno deve poter guardare in se stesso e alzare gli occhi al cielo, stabilendo il suo percorso spirituale e scegliendo se vivere nella fede di una religione o attraverso una differente via di ricerca della Verità.

Molte religioni hanno instillato nei secoli la paura della punizione divina, creando il senso di colpa ed enfatizzando il concetto di peccato, come strumento di controllo dei “fedeli”. Come ha espresso con forza e lucida ragione Martin Lutero: «Credere in un dio vendicativo, punitivo e selettivo significa non avere per nulla fede in Dio». Egli affermava che le scritture ci hanno presentato un Dio d’amore, ma che i poteri religiosi che predicavano l’amore e la misericordia, nei fatti esprimevano invece ipocrisia e volontà di soggiogare gli uomini ai loro interessi.

Le cose sono cambiate? Seguendo quotidianamente i mezzi d’informazione con mente aperta e obbiettiva si può ottenere una risposta chiara e pulita. Ma, forse, non è poi così sensato attendersi i cambiamenti “dall’esterno”. Non lo è mai stato. La storia umana ci ha insegnato che i cambiamenti sono venuti sempre attraverso uomini e donne che hanno saputo sognare un mondo migliore, credendo nella loro visione e combattendo per realizzarla.

Un vero cambiamento civile, consapevole e libero, nasce sempre dall’interno di noi stessi. L'uomo saggio, non è chi pretende il mutamento degli altri, ma chi opera con perseveranza per realizzare il proprio.

L’uomo coraggioso, è colui che non accetta che tale percorso – che ognuno ha diritto di scegliere – sia impedito dall’intolleranza e dalla volontà di prevaricazione di quanti vivono nel settarismo e nella brama di asservire gli altri al proprio pensiero (giusto o sbagliato che sia).

All’Istituto per l’Evoluzione Armonica dell’Uomo insegniamo un metodo per ottenere una maggiore consapevolezza di noi stessi. Essere consapevoli significa comprendere da soli l’origine e il percorso dei processi mentali, emozionali e interiori. Ciò implica la riduzione della possibilità di subire influenze condizionanti, provenienti dall’ambiente in cui viviamo.

La Libertà, che riteniamo il più elevato fra i diritti conseguibili dall’essere umano, porta con sé un conseguente senso di responsabilità. Se io sono libero nel mio pensiero e nell’agire secondo coscienza, ogni atto compiuto – e i suoi risultati – sono imputabili esclusivamente a me stesso, e a nessun altro. È una scelta che implica una maturità umana che, divenendo espressione di un una società intera, porta necessariamente alla realizzazione di una civiltà più coerente e indipendente, nel suo assieme.

Seguire la linea di minor resistenza, lasciando ad altri la responsabilità del proprio pensiero e dei propri atti, è una manifestazione d’immaturità e di mancanza d’integrità interiore. Tramite questo modo di rapportarsi a se stessi e ai valori della vita, l’essere umano ha perpetrato – nel suo percorso storico – innumerevoli atrocità, condonate dall’idea che ciò che si compie sotto la pressione di un potere superiore (laico o religioso) diventa scusabile e comprensibile.

Il settarismo, in qualsiasi forma si manifesti, è molto spesso il risultato di un’aggregazione di pensiero generata da una pressione coercitiva – più o meno visibile – alla quale tendiamo ad adattarci. Siamo estremamente reattivi nel riconoscere questa pericolosa devianza mentale, quando essa si manifesta al di fuori del nostro ambito culturale, ma non lo siamo altrettanto nel coglierne la presenza all’interno della collettività in cui viviamo (o direttamente in noi stessi).

Non esiste nulla di più auspicabile di un mondo in cui tutti possano esprimere la loro natura e il loro credo interiore, senza subire il condizionamento e le aggressioni di coloro che la pensano diversamente, soprattutto se questi ultimi rappresentano una maggioranza. La vera democrazia infatti, anche se istituzionalmente si manifesta tramite l’accreditamento della volontà dei più, può essere riconosciuta come un’espressione di elevata civiltà solo quando si eleva al di sopra dell’acquiescente asservimento alla totalità, a discapito di una qualsiasi minoranza.

Il forte non è chi schiaccia il debole, ma chi si fa carico della sua debolezza, garantendogli la sopravvivenza. La vera libertà non è il risultato di una manciata di voti, o di un adeguamento collettivo, ma la garanzia che ogni forma di pensiero possa svilupparsi in ogni luogo, protetta e favorita da chi ha il potere istituzionale per farlo. Ancor più: custodita e rispettata da ognuno di noi; perché, in ultima analisi, un mondo migliore è ottenibile solo attraverso la maturazione e la libertà interiore degli individui che ne costituiscono l’ossatura vitale.

Andrea Di Terlizzi

2 commenti:

  1. Anche questo lo avevo letto molto bello come post! Grazie per la diffusione.

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  2. bellissimo, dovrebbero leggerlo i "ferventi"

    Pippo

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